RUBRICA "KUTUBIYYA": "PARTIRE" DI TAHAR BEN JELLOUN


È bella Tangeri, dolce e malinconica con la sua veste bianca incorniciata dal verde delle palme e dalle sfumature del mare. Quando anni fa la visitai per la prima volta, rimasi incantata dalle sue atmosfere e dalla vista struggente dello Stretto di Gibilterra dall’alto della medina*

Ho ritrovato tutto ciò, e molto del Marocco che ho conosciuto in passato, in Partire, coinvolgente romanzo di Tahar Ben Jelloun** da cui ora riprende, dopo una pausa fin troppo lunga, la nostra rubrica "Kutubiyya" che nei mesi scorsi aveva iniziato a portarci in giro tra i Paesi del mondo islamico (in primis arabo) di ieri e di oggi. 

Nella pagina dedicata alla presentazione della rubrica è possibile trovare la lista delle pubblicazioni qui finora recensite che nei mesi scorsi hanno spaziato dalla Spagna araba (al-Andalus) allo Yemen, passando attraverso la Palestina: cliccare qui.

Tra i maggiori scrittori contemporanei a livello internazionale, Tahar Ben Jelloun è un autore marocchino che all'inizio degli anni Settanta si trasferì in Francia; tuttavia, questo non gli ha impedito di continuare a scrivere della propria terra natale, puntando i riflettori su realtà spesso scomode e imbarazzanti. Quella della città sullo Stretto, come sa bene chi abbia letto qualche sua opera, è un'ambientazione che ricorre spesso nei suoi libri e lui, avendone piena conoscenza, racconta la vita, le speranze, le illusioni dei suoi abitanti (e dei marocchini in generale). 

Tangeri © Laura Vargiu

I sogni di Azel, il protagonista di Partire (romanzo pubblicato in Italia da Bompiani circa una quindicina d'anni fa), sono gli stessi di tanti giovani come lui: partire, lasciare per sempre il Paese e trovare lavoro in Europa. 
La Spagna, di cui a Tangeri si vedono le luci, è così vicina, ma allo stesso tempo terribilmente lontana! Entrarvi con un visto regolare resta pressoché una chimera e il braccio di mare che la separa da quell’angolo d’Africa*** è una tentazione troppo forte per i ragazzi maghrebini che agognano una vita altrove. Laureato disoccupato, Azel campa grazie a lavoretti di poco conto e conosce bene la realtà del posto, fatta di soprusi e corruzione che non fanno altro che rafforzare la sua voglia di andar via; si tiene lontano dagli islamisti, sempre a caccia dello scontento giovanile, non è un musulmano praticante e donne e alcool gli piacciono troppo per rinunciarvi. Nulla sembra cambiare, finché nella sua vita non compare Miguel, un ricco e appariscente spagnolo che fa avanti e indietro tra Barcellona e Tangeri; solo allora si profila la possibilità concreta di lasciare la città con le carte in regola. Ma partire senza rischiare di annegare come un clandestino avrà un prezzo, e Azel ne è ben consapevole. 

Senza reticenze né edulcorazioni di sorta, Ben Jelloun racconta il mondo dell’emigrazione là dove Mediterraneo e Atlantico s’abbracciano e confondono, lasciando intravedere barconi e morti annegati**** e denunciando i retroscena di una società, quella marocchina, in cui omosessualità e prostituzione, per quanto diffuse, devono restare ipocritamente nascoste, mentre il denaro finisce per comprare tutto e tutti, persino il cuore di coloro che dovrebbero essere i più devoti uomini di religione.
Partire, dunque, a qualunque costo, "in un modo o nell'altro". per fuggire dalla miseria e dalle ingiustizie quotidiane; partire per avere un’occasione di rivincita su una vita troppo spesso cattiva e ingenerosa e, perché no, trovare almeno un barlume di quella felicità a cui tutti abbiamo diritto. Partire  per fare ritorno
- chissà - un giorno alla propria terra, dopo aver scoperto che nemmeno dall’altra parte del Mediterraneo le luci sono poi così brillanti come appaiono e che, forse, ci si è sbagliati su tutto.  Partire e infine tornare, vivi o morti.  

Attorno a quella del protagonista, tante altre piccole storie di partenze, ritorni e non ritorni sullo sfondo del dramma dell’emigrazione.

"[...] Partir, partir! Partir n'importe comment, à n'importe quel prix, se noyer, flotter sur l'eau, le ventre gonflé, le visage mangé par le sel, les yeux perdus... Partir! C'est tout ce que vous avez trouvé comme solution. Regardez la mer : elle est belle dans sa robe étincelante, avec ses parfums subtils, mais la mer vous avale puis vous rejette en morceaux...”

Dopo aver letto e amato moltissimo questo romanzo in traduzione italiana, ho avuto la fortunata occasione di leggerlo anche in lingua originale (Ben Jelloun scrive in francese), avendone trovato copia in edizione Folio-Gallimard proprio in Marocco. Una lettura che mi ha dato modo di apprezzare ancora di più la prosa di questo grande scrittore maghrebino e riflettere su alcuni aspetti della narrazione su cui, inizialmente, forse non mi ero soffermata abbastanza. Anche  in lingua francese, la scrittura di Ben Jelloun risulta molto coinvolgente e di scorrevole lettura.
Inoltre, la schiettezza del suo linguaggio nell'affrontare varie tematiche (persino il tabù del sesso), a mio parere non può non suscitare in chi legge riflessioni ancor più profonde su quanto esposto. E l'impietoso affresco del Marocco contemporaneo che scaturisce dalla sua penna di riflessioni ne richiede tante.

Partir di Tahar Ben Jelloun, Bompiani, 2008 (traduzione di Anna Maria Lorusso) - pagine 268, ISBN 9788845260964, € 10,00

Laura Vargiu

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 Note: 

*   Medina:  parola araba che, letteralmente, significa “città”. Nel Maghreb il termine indica in modo specifico la parte antica di un centro urbano, in genere circondata da mura.
 
**   Tahar Ben Jelloun: nato a Fès negli anni Quaranta. Scrive principalmente in lingua francese. Nel 1987 gli venne assegnato il prestigioso Premio Goncourt. Tra narrativa, poesia e saggistica, tantissimi i titoli all'attivo, tra cui il recente Il miele e l'amarezza, pubblicato in Italia la scorsa primavera dalla casa editrice La nave di Teseo. Per informazioni dettagliate su Ben Jelloun si rimanda anzitutto alla pagina a lui dedicata su Wikipedia.
***   Per curiosità, la traversata a bordo del traghetto, tra Tangeri e Tarifa, sulla costa spagnola, dura in genere poco più di un'ora. 
 
****   Anche la rotta di Gibilterra, così come quella di Lampedusa, registra i suoi (non pochi) morti e dispersi in mare.

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