RUBRICA "BEI MONDSCHEIN": RICORDARE FRANZ KAFKA ATTRAVERSO LE LETTERE
a cura di Anna Maria Ferrari
Inauguriamo oggi, 3 giugno 2024, la rubrica Bei
Mondschein – Letteratura tedesca al chiaro di luna, in una data importante per la letteratura tedesca e mondiale. Ricorre oggi, infatti, il centenario della morte di Franz Kafka, avvenuta nel sanatorio di Kierling, in Austria, all'età di quasi quarantuno anni.
Per l’occasione ho scelto un libro che ho letto di recente e che mi ero riservata di leggere proprio quest’anno: “Le ultime lettere ai genitori, 1922-1924”, a cura di Josef Čermák e Martin Svatoš, con la traduzione di Claudio Groff e un saggio di Pietro Citati, edito da Rizzoli nel 1990, contiene le lettere e le cartoline postali che Kafka scrisse ai genitori nei suoi due ultimi anni di vita.
È l’aprile del 1986 quando un antiquario praghese acquista un pacco con trentadue esemplari di corrispondenza scritta in tedesco da Kafka, testi che, quasi subito, vengono acquisiti dal Museo della letteratura cèca di Praga, dove sono ora custoditi come parte del Fondo Franz Kafka.
Si tratta di nove lettere, ventidue cartoline postali e una cartolina illustrata. La lettera più vecchia fu inviata dal soggiorno a Planá nad Lužnicí (Cecoslovacchia), seguirono poi gli scritti da Berlino, dalle tre diverse residenze che Kafka ebbe in città e, infine, il resto proviene dall’Austria, dai tre sanatori in cui venne ricoverato al peggiorare delle sue condizioni di salute fino al giorno della morte. Si tratta di un ritrovamento importante che colma, almeno in parte, le lacune lasciate dalla corrispondenza già nota e ci dà informazioni più precise su quegli anni. Inoltre, le ottime introduzione e nota editoriale scritte dai curatori, nonché il saggio di Citati, sono utilissimi per avere un quadro più completo di quel periodo, ma soprattutto dello spirito con cui Kafka, così gravemente colpito dalla malattia, lo visse.
Le lettere e le cartoline sono in ordine cronologico; sulla pagina di sinistra si può leggere il testo originale tedesco seguendo la grafia dai tratti rapidi e acuti di Franz, sulla pagina di destra vi sono la traduzione e le note. Non mancano, inoltre, fotografie dei luoghi in cui Kafka visse e delle persone che gli furono vicine. Fra tutte loro ebbe un ruolo molto importante Dora Diamant, la sua ultima compagna di vita che consacrò “a Kafka il suo bisogno di dedizione”1. I due si erano conosciuti nel luglio 1923 a Müritz, in Germania, dove lo scrittore era in vacanza con la sorella e i nipoti, e Dora lavorava come cuoca nella colonia estiva del Volksheim2 ebraico. Tutto accadde rapidamente e dopo tre settimane Franz e Dora decisero di andare a vivere insieme a Berlino in autunno.
Il soggiorno berlinese, durato sei mesi, ha una rilevanza notevole nelle lettere ai genitori. Intanto, Berlino rappresenta per Kafka “il tentativo di sottrarsi alla famiglia e alla sua dipendenza; di sfuggire alla stretta asfissiante di Praga; il bisogno e la risoluzione a costruire una propria esistenza e a vivere assieme a Dora Diamant”3. Tuttavia è un soggiorno non facile: la crisi economica imperversa e l’inflazione fa salire i prezzi alle stelle, tanto che Franz e Dora si trovano presto in difficoltà finanziarie e la famiglia Kafka deve aiutarli. Nelle lettere di quel periodo, infatti, Kafka scrive spesso dei costi esorbitanti e dei pacchi di generi alimentari e oggetti di uso quotidiano che i familiari gli inviano da Praga.
Alcuni passi possono darci un’idea più chiara: “Certo, gli aumenti generali dei prezzi sono consistenti, ma l’aumento del mio affitto è colossale, anche se metto in conto i particolarissimi vantaggi dell’abitazione. Per esempio, a fine agosto la stanza mi venne affittata a 4 milioni al mese e oggi costa circa mezzo bilione, che non è neppure tanto, ma il non sapere se mese dopo mese potrà aumentare ancora e altre cose di questo genere è poco piacevole.”4 Oppure: “A proposito della roba invernale: temo che sarà necessario allegare un paio di pantofole calde, quelle che ho qui si rompono di continuo.”5 E ancora: “[…] stamane per esempio il cervello mi si è bloccato per un attimo […] quando ho sentito l’ammontare del conto del carbone per il mese prossimo. Il carbone costa quanto l’appartamento. Cercherò di affittare la seconda stanza.”6 I genitori mandano, oltre al denaro e agli indumenti caldi, anche molti generi alimentari come burro, mele, uova, dolci, che sono accolti con entusiasmo ma non senza un certo imbarazzo, come emerge dalla lettera n. 14, scritta orientativamente tra il 3 e il 7 febbraio 1924: “Carissimi genitori, che grande lettera, ricca di contenuto, traboccante denaro. Come siete tutti buoni con me, con questo fannullone che si fa assistere e non è nemmeno capace di ingrassare.”
Nel corso del rigido inverno berlinese la salute di Kafka peggiora e lo zio Siegfried Löwy, medico, gli fa visita nella seconda metà di febbraio per convincerlo a lasciare Berlino e trascorrere un periodo di cura in sanatorio. Kafka lascia la capitale tedesca malvolentieri, ma lo zio e Dora lo convincono a partire. Leggendo le lettere si vede bene come Kafka cerchi sempre di minimizzare i suoi problemi di salute, nonostante da giorni abbia la febbre a 38°, per non preoccupare i genitori o forse per non affrontare realmente il problema, o entrambe le cose. In Austria cambia sanatorio tre volte e quando arriva nell’ultimo, a Kierling, il sanatorio più amato, le sue condizioni sono irreversibili: la tubercolosi ha colpito la laringe e raggiunge l’epiglottide rendendogli quasi impossibile parlare, mentre deglutire comporta dolori lancinanti. Le iniezioni di alcol in gola non sono d’aiuto e la morfina può solo alleviarli per poco. I medici consigliano Dora di riportare Franz a Praga, ma lei rifiuta perché così lui capirebbe che il suo tempo è finito. Nelle lettere dell’ultimo periodo si fa più frequente l’intervento di Dora che descrive ai genitori lo svolgersi delle giornate avendo cura, però, di tacere sulla gravità di Franz: “E poiché la lotta contro la malattia dipende esclusivamente da questo7, bisogna assolutamente credere ed essere certi che riuscirà. Le insidie che qua e là si frappongono vengono subito intercettate con occhio vigile e per quanto possibile rimosse. I dolori alla gola, che a volte insorgono in forma lieve, sono del tutto irrilevanti e in particolare, poiché la gola è sotto trattamento continuo, non danno il minimo motivo di preoccupazione.”8
Nell’ultima lettera, datata 2 giugno, Kafka si dilunga nel valutare se una visita dei genitori sia opportuna o no. Da un lato vorrebbe rivederli, dall’altro è titubante e sembra quasi voler cercare delle motivazioni per tenerli lontani: “Carissimi genitori, dunque le visite, di cui a volte scrivete. Io ci rifletto ogni giorno […]. Sarebbe così bello, è già tanto tempo che non stiamo insieme […]. Questo e molto altro parla a favore della visita, ma troppe cose parlano contro. Innanzitutto papà non potrà probabilmente venire per via delle difficoltà col passaporto. […] la mamma, da chiunque sia accompagnata, farà troppo affidamento su di me, sarà troppo rivolta a me, e io non sono ancora un granché bello, proprio da non vedere.”9 Anche i problemi di salute, affrontati sempre in maniera un po’ obliqua, vengono usati come un mezzo per tenerli lontani: “I problemi del primo periodo qui nei dintorni e a Vienna li conoscete, mi hanno un po’ buttato giù; hanno impedito un rapido calo della febbre, che ha lavorato a un mio ulteriore indebolimento; la sorpresa della storia con la laringe […] in un primo momento mi ha indebolito […] solo adesso mi sto rimettendo in sesto da tutti questi indebolimenti […]. Se in più calcolate che posso parlare solo sussurrando, e nemmeno troppo spesso, rimanderete volentieri la visita.”10
Verso la fine della lettera il testo si fa meno chiaro e ci sono due diverse stesure (su due diverse pagine) e una frase lasciata in sospeso. Qui le forze sembrano abbandonarlo e Dora deve togliergli la lettera dalle mani, aggiungendo un post scriptum di suo pugno.
Al termine della lettura si avverte quanto Kafka abbia condotto la sua esistenza in punta di piedi, con il costante timore di essere un peso per gli altri, eppure se ne avverte anche tutta la sua umanità, attraverso il profondo affetto che lo legava alla famiglia e agli amici, e attraverso il racconto dei piccoli grandi problemi quotidiani: lì, si avverte tutto il suo attaccamento alla vita.
Dedico un’ultima breve riflessione alla traduzione di Claudio Groff. Ho spesso seguito il testo originale perché volevo leggere le lettere in maniera diretta, senza l’intermediazione, e dal confronto che ne ho fatto posso dire che la traduzione è eccellente e puntuale sotto tutti i punti di vista.
Nulla è stato tralasciato o aggiunto o ancor
peggio forzato. La mano di Groff è rispettosa della voce dell’autore
e di quella sensazione di “esistenza condotta in punta di piedi”
che attraversa la corrispondenza di Franz Kafka.
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Note:
1 Dal saggio di Pietro Citati, p. VII.
2 Una sorta di Casa del Popolo che dava assistenza sociale, pedagogica e culturale ad adulti e bambini di origine ebraica.
3 Dall’introduzione di Josef Čermák, p. 13.
4 Lettera n. 3, ott-nov 1923, p. 39.
5 Lettera n. 3, ott-nov 1923, p. 43.
6 Lettera n. 4, 11 novembre 1923, p. 49.
7 Dalle condizioni meteorologiche, dal sole e dal profumo balsamico che sale dal bosco (N.d.C.).
8 Lettera n. 31, 19 maggio 1924, p.133.
9 Lettera n. 32, 2 giugno 1924, p. 141 e p. 143.
10 Ibidem.
Un meraviglioso omaggio ad un autore che amo molto. Grazie per averne parlato in modo tanto delicato e profondo. Mi procurerò senz'altro questo epistolario! Eli
RispondiEliminaCiao, Elisa, e grazie mille per il tuo commento a questo bellissimo articolo di Anna! 😊⚘
RispondiEliminaCiao Elisa e grazie mille per le belle parole, sono felice che l'articolo ti sia piaciuto.
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