RUBRICA "Kutubiyya": "GAZA. RESTIAMO UMANI" - IN RICORDO DI VITTORIO ARRIGONI

Il secondo appuntamento con la rubrica "Kutubiyya" ci porta in terra di Palestina per ricordare Vittorio Arrigoni, l'attivista italiano assassinato proprio il 15 aprile di undici anni fa, attraverso le pagine del suo reportage dal titolo Gaza. Restiamo umani, pubblicato da Manifestolibri dapprima nel 2009 e poi riproposto un paio di anni più tardi in una nuova edizione.

Per conoscere meglio la sua figura si segnala, tra i vari, il sito della Fondazione Vittorio Arrigonihttps://www.fondazionevikutopia.org

Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani, con postfazione di Ilan Pappe, Manifestolibri, 2011 - pagine. 144, ISBN  9788872857014, € 12,00

Di seguito la mia recensione a questa pubblicazione davvero di grande interesse e dal contenuto pesante come un macigno. Un testo che, malgrado gli anni trascorsi dalla sua uscita, reputo ancora validissimo e di cui non posso che consigliare la lettura.

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    Aver trovato questo libro di Vittorio Arrigoni per fortunata casualità mentre leggevo il romanzo di Susan Abulhawa Nel blu tra il cielo e il mare (Feltrinlli, 2015), mi è parso fin da subito una bella coincidenza. La coincidenza riguarda il fatto che entrambi parlano dello stesso martoriato angolo di mondo: la Striscia di Gaza. Passare dalle pagine del romanzo dell’Abulhawa a quelle del reportage di Arrigoni mi ha confermato che la narrativa  non inventa nulla sull’argomento in questione, semmai risparmia qualcosa ai lettori.

    Vittorio Arrigoni, classe 1975, era un attivista per i diritti umani. Purtroppo, quando ne sentii parlare per la prima volta, lui era già stato ucciso. Era l’aprile del 2011. Volontario dell’International Solidarity Movement, viveva a Gaza, dove aveva scelto di rimanere anche durante l’offensiva israeliana “Piombo Fuso” che, tra dicembre 2008 e gennaio 2009, insanguinò la Striscia riducendola ancor più a un cumulo di macerie. Gaza. Restiamo umani raccoglie la cronaca precisa e agghiacciante di quei giorni terribili, già divulgata attraverso il blog “Guerilla radio”, mentre il mondo si accontentava dei comunicati stampa approvati dal governo di Israele, il quale non gradiva testimoni stranieri sul posto cercando di convincere tutti della bontà del suo operato all’interno di quei 360  km² di prigione a cielo aperto. 

    «Qualcuno deve arrestare questa carneficina, ho visto cose in questi giorni, udito fragori, annusato miasmi pestiferi, che difficilmente riuscirò a raccontare a miei eventuali futuri figli. Sentirsi isolati e abbandonati è desolante non meno della vista di un quartiere di Gaza dopo una campagna di raid aerei.»

    Sarebbe auspicabile che un po’ tutti leggessero questo libro, ma in particolare quei politici nostrani di ogni schieramento e tutti coloro che, in nome di un discutibile “politically correct”, iniziano a sbraitare se solo qualcuno si azzarda ad affermare che lo Stato ebraico viola i diritti umani, pur limitando tale discorso naturalmente ai vertici politici e militari giacché, per fortuna, tanti cittadini israeliani dimostrano di avere più cervello e cuore del proprio governo. Ma – mi domando, e mi piacerebbe conoscere la risposta di quei benpensanti signori – come si possono altrimenti etichettare azioni come quelle di tirare al bersaglio sui bambini, utilizzare armi vietate dalla Convenzione di Ginevra e bombardare ospedali e scuole dell’Onu in cui, è risaputo dagli stessi militari israeliani, si ammassano i civili sempre più inermi? Difficilmente, sulla base di quel che scriveva Arrigoni, si riuscirà a trascinare governo ed esercito con la stella di Davide davanti al Tribunale internazionale dell’Aja per crimini di guerra. Che sia la destra del Likud o la sinistra del fu Rabin, non fa differenza: chi sta ai vertici continua a trincerarsi dietro la giustificazione di parole quali difesa, terrorismo, Hamās *; ma se tra gli intellettuali israeliani qualcuno parla senza mezzi termini addirittura di “pulizia etnica” ai danni della popolazione palestinese (si veda la posizione di Ilan Pappe **, autore di una interessantissima postfazione al libro di Arrigoni), possibile che i governi occidentali continuino a sostenere Israele incondizionatamente?     

    «Fino a questa mattina si contavano 650 morti, 153 bambini uccisi, più di 3000 i feriti, decine e decine i dispersi. Il computo delle morti civili in Israele, fortunatamente, rimane fermo a quota 4. Dopo questo pomeriggio il bilancio sul versante palestinese va drammaticamente aggiornato, l'esercito ha iniziato a bombardare le scuole delle Nazioni Unite. Le stesse che stavano raccogliendo migliaia di sfollati evacuati dietro minaccia di un imminente attacco. Li hanno scacciati dai campi profughi, dai villaggi, solo per raccoglierli tutti in posto unico, un bersaglio più comodo. Sono tre le scuole bombardate oggi, l'ultima, quella di Al Fakhura, a Jabilia, è stata centrata in pieno. Più di 40 morti. In pochi istanti se ne sono andati uomini, anziani, donne, bambini che si credevano al sicuro dietro le mura dipinte in blu con i loghi dell'Onu. Le altre 20 scuole delle Nazioni Unite tremano. Non c'è via di scampo nella Striscia di Gaza […]»

    

Disegno di Carlos Latuff. Fonte: Wikipedia
    Se non fosse caduto vittima di quella violenta insensatezza in cui purtroppo si era imbattuto, Vittorio Arrigoni ci avrebbe raccontato, suo malgrado, anche il successivo disastroso assedio su Gaza dell’estate del 2014, così come tutto ciò che è seguito negli anni scorsi, e oggi avrebbe avuto quarantasette anni. Di lui ci resta un grande esempio dinanzi al quale è doveroso inchinarsi, nonché un prezioso messaggio di pace che, in un mondo come quello attuale, ormai assuefatto a guerre e ingiustizie varie, sembra più che mai difficile da realizzare.

“Restiamo umani”, proviamoci, sempre e comunque. 

Laura Vargiu

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 Note: 

Hamās: il Movimento Islamico di Resistenza fondato alla fine degli anni Ottanta e operante nella Striscia di Gaza; è un'organizzazione politica e paramilitare di tipo islamista. 

** Ilan Pappe:  storico e intellettuale israeliano molto noto nel Vicino Oriente e docente universitario in Gran Bretagna. La sua è una voce decisamente scomoda e sgradita in patria. Tra le sue pubblicazioni, La pulizia etnica della Palestina, Fazi Editore, 2008.

Per approfondire la tesi di Pappe e, in generale, la questione israelo-palestinese rimando al mio articolo/recensione presente sul blog "Zona di disagio" al seguente link: 

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