RUBRICA "DALL'ULTIMO BANCO VEDEVO IL MONDO - I RACCONTI DI ANDREA": TI HO SOGNATA

 

 Dall'ultimo banco vedevo il mondo 

I racconti di Andrea

 
 
© Andrea Ronchetti
 
 
TI HO SOGNATA
 
Era stata una giornata di quelle antipatiche, nata sotto l'ombrosa stella di un mal di testa lancinante, di cupi pensieri, calici amari che mi piegavano lo stomaco. Fuori, il mondo non aiutava. Una pioggerellina leggera leggera, insignificante, e un cielo di nuvole basse, opprimenti. 
Voglia solo di rimanere tra le coperte, e mandare tutto al diavolo.
Eppure, come un automa mi ero alzato e avevo cominciato a svolgere la mia giornata, provando a concentrarmi su pochi, determinati obbiettivi, tra rari sorrisi e occhi spenti. Un analgesico dopo colazione, un altro nel pomeriggio. Inutili. Non vedevo l’ora di tornarmene a casa. Non so per quale speranza, in fondo. La doccia, una cena per finta (due bocconi soltanto), un libro. Aperto e poi subito richiuso. Mi ero infilato nel mio letto-rifugio e il gatto, essere sensibile, si era appoggiato a me. Oh certo, per approfittare del mio corpo, del suo calore e scaldarsi, ma con due occhi che parlavano e comprendevano. Poi il dormiveglia e una sensazione di leggerezza che, grazie a Dio, si faceva strada dentro di me. Finalmente! Quasi non ci speravo più... 
Ora il peso che mi portavo nell’anima va alleggerendosi e scivola via, sbiadendo lontano come un cielo al crepuscolo ed io mi ritrovo libero, a volare più su, in alto tra le nuvole: una mongolfiera che ha lasciato cadere tutti i suoi sacchetti di sabbia. Dolce è la sensazione di sentirsi lievi, vuoti come una bottiglia perduta che galleggia nell’oceano, tanto che la mente inizia a divagare, a trasportarmi nello spazio come altre volte è già successo, verso le mie fiabe infinite. 
Ecco, è cominciato così. 
Con uno scampanellio alla porta e i tuoi occhi che mi lasciano sorpreso, incantato. Non sei truccata, porti con indifferenza un paio di semplici jeans, ma indossi anche il maglione a girocollo che ti ho regalato e che ti avvolge come un abbraccio, abbellito da una delle tante collane mie che ti fanno sempre così bella. I capelli sono sciolti, le mani curate. 
La tua voce mi entra nel petto come le quattro stagioni di Vivaldi e mi tiene lì, a far lo scortese e a non invitarti ad entrare. Mi riprendo e ti saluto, ma parole di risposta non mi arrivano, o non sono intelligibili
Tutto è confuso adesso, tranne il mio aspetto, dimesso e arruffato da animale domestico.
Devo proprio essere orrendo, ne prendo coscienza improvvisamente, ma tu non ci fai caso e mi allunghi un oggetto, un regalo forse. Per me. È dolcissimo il tuo sguardo mentre me lo passi, accompagnato da un sorriso lieve. E mi sovviene che anch’io ho qualcosa per te e, quasi fossi capace d’una magia, mi appare tra le mani. La tua sorpresa è grande e immediata e gli occhi ti si illuminano, diventano quelli di una bambina. 
«Vieni qua» ti sussurro.
Ti avvicini e scivoli tra le mie braccia, così io posso baciarti la fronte, i capelli, le guance chiare, mentre mille parole mi vengono in mente e ti vorrei dire, e mille mi passano per il cervello ma non riesco nemmeno a pronunciarle. E tu, per la mia meraviglia, te ne stai lì da me, hai chiuso gli occhi e ti lasci coccolare. 
«Stai bene qui?» ti chiedo, col coraggio arrotolato in un filo di voce, e mi ritorna indietro un sì detto con il capo. 
«Sei felice qui?» e ancora mi si scioglie il cuore.
Dio, quanto li adoro questi gesti che mi portano la verità! 
Mi rimbombano forti come un’eco dentro al petto, si costruiscono un nido, ne fanno la loro casa e ci rimangono per sempre. Quanto è difficile non amarti! Mi rendo conto che solo questo è quello che voglio!
Perché non sono in un sogno. Sono immerso nel piacere più profondo che un uomo possa vivere. Non voglio più uscirne e nemmeno che finisca. Voglio solamente che si ripeta all’infinito! Ti bacio e ti stringo, ti stringo e ti bacio, respiro il tuo profumo, sfioro la tua pelle con le labbra, infilo le dita tra i riccioli biondi e ti dono il mio cuore che esplode.
Poi suona la sveglia, improvvisa e inopportuna. 
Apro gli occhi, a guardare lo stupido soffitto, come un ebete. Sono tornato alla realtà, e tu sei scivolata via, non esisti più. 
Non esisti più, accidenti, non esisti più! 
Allo specchio, in bagno, barba da naufrago, capelli spettinati e occhiaie indecenti.
 
© Andrea Ronchetti

 

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